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Archive for Maggio 2018

Quando da bambino mi ammalavo, per riempire tutto quel tempo sottratto alla scuola a volte mamma mi leggeva alcune storie da uno dei due volumi delle “fiabe italiane” di Italo Calvino che avevamo in casa. In omaggio alla mia e a tutte le mamme del mondo, essendo oggi la festa della mamma, vorrei spendere due parole su una mamma-naturalista che, guarda caso, era proprio quella di Calvino.

Ho già accennato in passato a quanto fosse fenomenale questa donna dal carattere deciso e dalle sviluppatissime capacità scientifiche. La mia stima arriva al punto che ho inflitto all’intero laboratorio in cui lavoro – dove forse giusto un centinaio d’anni fa lei stessa si trovava spesso a passare – di avere affisso sulla parete un suo ritratto che ci osserva con quell’aria accigliata che la contraddistingueva già da giovane, come un santino scientifico che severamente ci sprona a fare del nostro meglio nella ricerca.

 

eva_mameli_calvino_ritratto

 

Se volessi semplicemente snocciolare la biografia di Eva Mameli (poi Mameli-Calvino), potrei banalmente aggiungere che nacque a Sassari nel 1886; che dopo la laurea in matematica conseguita a Cagliari nel 1905 decise di volere anche quella in Scienze Naturali, che conseguì a Pavia nel 1907; che il suo talento per la ricerca le permise di rimanere nel laboratorio crittogamico dell’ateneo pavese sotto la direzione di Giovanni Briosi, dove diventò assistente di Botanica nell’anno accademico 1911-1912; che fu la prima donna a conseguire la libera docenza in Botanica in Italia, nel 1915; che fu crocerossina presso l’ospedale allestito nel palazzo Ghislieri durante la Prima Guerra Mondiale; e così via, passando per un matrimonio improvviso, una permanenza di alcuni anni nel Sudamerica, la gestione della stazione sperimentale di floricoltura di Sanremo, per giungere infine alla scomparsa, in ormai tarda età, nel 1978.
E anche così frettolosamente dà già l’impressione di averne fatte di tutti i colori; non male, per un personaggio che forse nessuno o pochissimi di coloro che leggeranno queste righe aveva già sentito nominare in precedenza. Troppo spesso infatti la sua figura viene dimenticata, passando sotto silenzio all’ombra del più noto ed ingombrante nome del suo primogenito, il grande scrittore Italo Calvino, e del secondogenito, il geologo Floriano Calvino.

Si trattava effettivamente di una personalità molto particolare, non solamente dal punto di vista scientifico, ma anche da quello caratteriale.
Per dare un’idea del suo carattere può forse bastare il resoconto del suo matrimonio con Mario Calvino. Questi aveva avviato nel 1917 una stazione agronomica sperimentale a Santiago de las Vegas (Cuba), praticamente dall’altra parte del mondo. A un certo punto si trovò ad avere necessità di un esperto di genetica delle piante, e forse la soluzione migliore gli parve di sposarne una: approfittando di un viaggio in Italia per un convegno, chiese ad Eva di sposarlo (!) e lei accettò (!!). Il matrimonio fu celebrato per procura a Pavia nell’aprile 1920 e successivamente Eva raggiunse il marito a Cuba, dove in ottobre fu celebrato il matrimonio in carne ed ossa. Eva non aveva mai incontrato Mario di persona prima di quel suo viaggio in Italia, ma spero che almeno i due fossero in contatto per corrispondenza da prima, altrimenti lei sarebbe ancora più decisa di quanto immaginassi. E con ‘decisa’ qui intendo ‘un po’ folle’.

E che dire poi del suo ecletticismo scientifico.
Si sa (o forse no, nel qual caso ve lo dico io ora), il grande calderone della “botanica” riunisce di fatto tante discipline differenti – basti pensare, a titolo d’esempio, a quanto sono diversi i compiti e le conoscenze di uno studioso di vegetazione, un tassonomo delle piante e un genetista che si occupa di vegetali – ed Eva Mameli dimostrò la curiosità e la tenacia tipiche dei grandi scienziati interessandosi di aspetti della botanica anche molto diversi tra loro.
Un esempio fu la sua incursione nello studio della parabiosi nelle piante [1], sicuramente in linea con la sua formazione di fisiologa vegetale, ma comunque piuttosto particolare. La parabiosi – vale a dire, in questo caso, la simbiosi tra due organismi dovuta alla creazione artificiale (per via chirurgica) di un collegamento anatomico con rilevanza fisiologica tra di essi – era un argomento in gran voga in quel periodo; tenete presente che lei si limitava a collegare tra di loro due piante tramite il fusto per vedere come reagivano in diverse situazioni dopo il collegamento, ma altrove c’erano delle specie di Dottor Frankenstein che queste cose le facevano con gli animali, collegando topi per il tubo digerente o impiantando teste supplementari sul collo dei cani [v. qui].

 

eva_mameli_calvino_licheni_foliicoli_1
Che c’entra una foglia ricoperta di licheni con Eva Mameli-Calvino?
Lo scopriremo tra poco…

 

Tra i suoi altri meriti, volendo citare i più noti, abbiamo la compilazione di un enciclopedico dizionario etimologico di botanica [2]; ma si trovò anche ad uscire dall’ambito botanico, promuovendo, quando già avanti con gli anni, la prima società per la protezione degli uccelli – nella fattispecie uccelli utili all’agricoltura, dal momento che comunque la deformazione professionale botanico-agronomica occhieggia anche da questa iniziativa.
Ma a lei si deve anche la compilazione dell’esauriente voce “licheni” nell’Enciclopedia Italiana Treccani (1934), e proprio qui ritorniamo alla causa scatenante del mio interesse verso questa figura scientifica: la passione per la lichenologia.

Durante il periodo trascorso nel Laboratorio Crittogamico di Briosi, infatti, Eva Mameli si interessò a fondo di lichenologia, pubblicando diversi lavori di floristica e di fisiologia su questi organismi. Inoltre fu tutor, per una tesi di laurea sui licheni dei Colli Euganei, di un’altra naturalista che si sarebbe poi fatta ricordare nel campo della lichenologia italica: Maria Cengia (poi Cengia-Sambo), con la quale peraltro in seguito la stessa Mameli si sarebbe “scontrata” a colpi di pubblicazioni su diversi argomenti di non secondaria importanza (sulla supposta presenza di amido all’interno dei licheni e sul ruolo dei cefalodi come centri di fissazione dell’azoto) [3].

L’interesse di Eva per la lichenologia sembrò spegnersi quando ritornò sullo studio delle piante e specialmente quando si trasferì a Cuba per lavorare nella stazione agronomica sperimentale diretta dal marito. Ma per fortuna non fu realmente così. Infatti, durante il periodo sudamericano il suo grande impegno nello studio della canna da zucchero non le impedì di mantenere vivo questo interesse raccogliendo numerosi esemplari foliicoli [4]. Dopo il suo ritorno in Italia nel 1925, Eva Mameli-Calvino fece dono di questo particolarissimo erbario all’Università dove il suo interesse per i licheni era nato e si era consolidato: quella di Pavia.
La collezione (della quale avevo già parlato qui) fu oggetto di studio per una tesi di laurea supervisionata da Ruggero Tomaselli – a sua volta lichenologo oltre che celebre vegetazionista – alla quale seguì una pubblicazione [5], per venire poi dimenticata in una delle cassette che ospitano gli exsiccata dell’erbario lichenologico dell’Università di Pavia. Dopotutto, è facile pensare che di una cosa già ben studiata non si possa fare altro che conservarla; ma con il venir meno di una presenza lichenologica a Pavia, c’è il forte rischio che questa particolare chicca – dal valore non solo scientifico, ma evidentemente anche storico – sprofondi definitivamente nel dimenticatoio.

 

eva_mameli_calvino_licheni_foliicoli_2

 

Concludo con questa acuta (e forse anche un po’ immodesta…) citazione, che delinea bene il carattere saldo e deciso di questa straordinaria personalità e, perché no, mi consente di chiudere con un ultimo rintocco lichenologico:
I licheni hanno sempre attirato la mia attenzione. Forse li sentivo un poco simili a me perché specie pioniere, primi colonizzatori, abili nell’intaccare il substrato e a prepararlo a chi verrà dopo, capaci di vivere in condizioni difficili, quasi impossibili per altre specie.
Che donna!

 


 

***Note***
[1] Mameli E. 1916. Note di parabiosi vegetali. Archivio botanico e biogeografico italiano, ser. 2, XVI.
[2] Mameli E. 1972. Dizionario etimologico dei nomi generici e specifici delle piante da fiori ed ornamentali. Sanremo.
[3] Si vedano in proposito:
a) Mameli E. 1919. Ricerche fisiologiche sui licheni. I. Idrati di carbonio. Nota preliminare. Atti dell’Istituto Botanico di Pavia n.s. XVII.
b) Cengia-Sambo M. 1923. Note di bio-chimica sui licheni. Nuovo Giornale Botanico Italiano n.s. XXIX: 89-104.
c) Mameli-Calvino E. 1925. Commenti ad alcuni recenti lavori sulla biochimica dei licheni. Bullettino della Società Botanica Italiana 1925: 10-17.
d) Cengia-Sambo M. 1925. Ancora del preteso amido nei licheni. Bullettino della Società Botanica Italiana 1925: 18-21.
* Non posso proprio fare a meno di immaginarmi un ghigno mefistofelico sulla faccia del direttore della rivista quando, vedendosi arrivare sulla scrivania due lavori in cui le due lichenologhe se le cantavano a vicenda – c) e d) – pensò bene di metterli uno subito dietro l’altro sul numero in uscita del Bullettino…
[4] Si dicono “foliicoli” o “epifilli” quei licheni che hanno come substrato di crescita le foglie delle piante vascolari. Si sviluppano soprattutto nelle foreste tropicali, dove le condizioni climatiche consentono alle foglie delle piante caducifoglie di perdurare anche per diversi anni.
[5] Ricci P. & Tomaselli R. 1958. Licheni foliicoli raccolti da E. Mameli Calvino. Archivio botanico e biogeografico italiano 34, ser. 4, 3 (4): 254-262.

Qualche ulteriore cenno biografico su Eva Mameli Calvino si può leggere qui e qui.

 

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